uff...
la terza parte.
quando vi stufate di rispondere la smetto!!
forse
Da Limerik a Galwey km. 212Ripartiamo senza il minimo rimpianto da Limerik, ancora in direzione nord, puntando verso le scogliere di Moher, una delle attrazioni paesaggistiche più importanti d’Irlanda. Anche qui la costa irlandese non smentisce la fama, ben guadagnata, di essere uno dei posti più piovosi della terra.
Lungo la strada, il Clarcastle, che sbuca a sorpresa tra gli alberi di una fitto bosco, cattura la nostra attenzione, La costruzione, alta e minacciosa, è poco più di una arcigna rocca posta a difesa del territorio e vale giusto il tempo di scattare una foto.
Dopo una incredibile colazione irisch che comprende uova, beacon, salse varie, fagioli, patatine ed altre schifezze, arriviamo al grande parcheggio delle scogliere di Moher.
Le Scogliere di Moher sono un gruppo di scogliere che si trovano nella parte occidentale dell’Irlanda, a nord nella regione del Clare. Distribuite su un tratto di costa lungo circa otto chilometri, raggiungono un'altezza massima di 214 metri a strapiombo sull'Oceano Atlantico
La fitta nebbia portata dall’oceano che permette una visuale di una decina di metri, ci impedisce di vedere la scogliere. Ci rifugiamo sconsolati nel grande “Visitor Centre”, scavato nella collina rocciosa, che ospita un ristorante, una caffetteria, dei negozi di souvenir vari ed uno spettacolare audio-visual tour che ci ricorda quello visto al Norkappallen
Rassegnati ripartiamo verso Galwey quando, dopo una decina di chilometri alcune macchine ferme sul ciglio della strada attirano la nostra attenzione. Ad una cinquantina di metri dalla strada, oltre una grande spianata disseminata di pietre e battuta dal vento, intuiamo la presenza di una scogliera.
Ci avviciniamo verso il baratro, profondo una trentina di metri e possiamo godere dello spettacolo della violenza selvaggia che a volte la natura sa regalare.
Le grandi onde dell’atlantico del nord si infrangono rumorosamente su delle scogliere di roccia basaltica. Il frastuono assordante prodotto dalle onde si confonde con il rumore dei massi trascinati dall’acqua e basta avvicinarsi un poco al margine del dirupo per trovarsi bagnati dagli spruzzi.
Nonostante il freddo e la pioggia, ci fermiamo parecchio a guardare affascinati l’oceano che flagella le scogliere. E’ sempre sorprendente risvegliarsi e rendersi conto di quanto sia coinvolgente quello ci viene regalato quando la natura scatena i suoi elementi.
Qualche chilometro più avanti, ci accorgiamo di non essere i soli svitati in circolazione. Un gruppo di surfisti sta allegramente sfidando le l’acqua gelida e onde dell’Atlantico.
Gli ultimi ottanta chilometri che ci separano dalla cittadina di Galwey sono di autentica sofferenza. Pioggia e freddo proprio con ci vogliono abbandonare e la fatica è solo un poco attenuata dalla bellezza dei paesaggi del Burren.
Grazie al gps, arriviamo senza difficoltà al B&B prenotato, una graziosa costruzione in mattoni a vista affacciata sull’oceano.
Abbiamo programmato una sosta di due notti a Galwey, quindi questa è la prima sosta che ci concediamo in questo viaggio. Scaricati i bagagli, parcheggiata la Caponord nel cortile, indossiamo gli i abiti civili proviamo a fare quattro passi sulla grande spiaggia provvisoriamente regalata dalla marea.
A Galwey, forse la città più piovosa della piovosa Irlanda, siamo costretti a girare con gli indumenti antiacqua che ormai sono diventati i nostri inseparabili compagni in questo viaggio
Ci tuffiamo comunque nella vita spumeggiante di Galwey, dei suoi pub con la musica dal vivo, degli artisti di strada che cercano di racimolare quattrini per vivere alla giornata, come un po’ tutti quelli della mia generazione, hanno almeno una volta nella vita sognato di fare.
I Caffè all’aperto sono affollati da ragazzi che fanno casino, con l’immancabile guinness nelle mani, le chitarre, tracolla e la libertà dei vent’anni nella testa.
Oltre il fiume Corrib il piccolo ma impetuoso fiume nel quale si pescano salmoni, c’è la grande cattedrale cattolica della chiesa d’Irlanda dedicata all’Assunta. La basilica, consacrata nel 1965, è costruita in pietra calcarea grigia è sormontata da una cupola verde, in pieno stile Rinascimentale.
Da Galwey a Sligo Km. 174Non è proprio un cielo italiano quello che ci accoglie il mattino della partenza da Galwey verso la penisola del Connemarra, ma almeno non piove.
Sin dai primi chilometri, la strada costiera si snoda quasi a livello dell’oceano sfiorando incantevoli baie, che di quando in quando, lasciano intravedere delle piccole spiagge di sabbia.
Quando puntiamo all’interno, ricomincia a piovere e anche il Connemarra, quasi ad assecondare il clima, cambia completamente aspetto e le torbiere prendono il posto delle scogliere.
Percorriamo la strada stretta del fondovalle che si insinua serpeggiante tra scintillanti laghetti e alture che si spacciano per montagne, immancabilmente coperte da nuvole minacciose e cariche di pioggia.
Il paesaggio si fa via, via più selvaggio, quasi primordiale, tanto è assente ogni traccia di presenza umana. Ogni tanto, incontriamo piccoli greggi di pecore con il muso e le zampe nere che contrastano con il bianco del lungo vello.
Siamo nella contea di Mayo. Questa regione dell’Irlanda è veramente un paradiso per le immagini. In pochi chilometri gli ambienti cambiano con rapidità sorprendente, tanto che ogni volta ci pare di fare un nuovo viaggio.
Ci Fermiamo per fare colazione in un caratteristico bar intrattenuti dalla registrazione di una “session” avvenuta la sera precedente.
Ripresa la strada, ci troviamo immersi in una nuovo paesaggio fatto di laghetti costellati da centinaia di isolotti di granito coperti da una folta foresta.
Arrivati nei dintorni di Sligo evitiamo la “coutry town”, trovando posto in una guest house in periferia, dove facciamo passare il tempo in uno dei numerosi pub affacciati sull’oceano.
Sergio+Eugenia