E' andata così....
L'ormai mitica corsa italiana si è svolta la prima volta nel 1972, nel riuscito
tentativo di lanciare anche in Europa gare del tipo di quelle che si svolgevano
oltreoceano, con particolare riferimento alla 200 Miglia di Daytona. Il successo
è stato tale che di lì a poco è stato varato un campionato destinato alle moto
della "formula 750", denominato Trofeo FIM. In origine i mezzi sarebbero dovuti
derivare direttamente da modelli stradali, ma poi si è semplicemente stabilito
che dovessero essere prodotti in serie, in un numero di esemplari anche
piuttosto limitato, il che ha consentito la realizzazione delle Yamaha TZ 750
che hanno dominato la scena a partire dal 1974.
La prima 200 Miglia di Imola è stata dominata dalle Ducati ufficiali con Paul
Smart e Bruno Spaggiari, giunti rispettivamente primo e secondo al traguardo;
Giacomo Agostini su MV venne costretto al ritiro, terzo giunse Walter Villa
sulla Triumph tre cilindri e quarto Phil Read sulla Norton bicilindrica.
Dall'anno successivo è iniziato il dominio delle moto a due tempi. A imporsi fu
l'indimenticabile Jarno Saarinen sulla Yamaha 350, seguito da Spaggiari su una
rinnovata Ducati e da Villa sulla Kawasaki tricilindrica.
Nel 1974 vinse Agostini, iniziando il dominio delle TZ 750. Fu poi la volta,
rimanendo nell'ambito dei soli anni Settanta, di piloti come Johnny Cecotto (tre
volte vincitore a Imola), Kenny Roberts e Steve Baker.
La rievocazione ha avuto un grande successo e ha visto la partecipazione dei
migliori piloti degli anni Settanta e Ottanta, a cominciare da Agostini, Roberts
e Cecotto. Tra gli stranieri, spiccava la presenza di Sarron, Lansivuori (per
anni inseparabile compagno di Saarinen), Baker, Coulon e Kneubuhler. Tra i
"nostri", spiccavano Gallina, Ferrari, Brettoni (con l'inseparabile Laverda SFC
750), Bonera e Broccoli. Tra piloti e moto, roba da lustrarsi gli occhi, per gli
appassionati. E per chi era presente all'epoca, tanti vecchi amici e tanta
nostalgia…
Le protagoniste
Alla rievocazione della 200 Miglia c'erano moto da corsa del periodo che va dai
primi anni Settanta all'inizio del decennio successivo. E non si trattava solo
di 750, ma anche di 350 e 500 che correvano nei Gran Premi dello stesso periodo.
La maggior parte era semplicemente impeccabile, ma non mancava qualche replica,
generalmente molto ben fatta, e qualche esemplare un poco "pasticciato", ma pur
sempre apprezzabile. Ecco in sintesi estrema le principali protagoniste delle
gare della Formula 750 e le loro caratteristiche.
Ducati 750 – Nel 1972 impiegava il telaio "largo" della GT. La distribuzione era
desmodromica, la forcella era
a perno avanzato e la frizione in bagno d'olio
. Il tubo di scarico sinistro era alto e quello destro basso. Alesaggio e corsa
80 x 74 mm, potenza circa 86 CV alla ruota a 9000 giri/min.
Nel 1973 la Ducati ha realizzato, in tre soli esemplari, delle 750 con misure
caratteristiche rivedute: l'alesaggio era infatti di 86 mm e la corsa di 64 mm.
La frizione era a secco, la forcella aveva il perno della ruota in asse e
entrambi i tubi di scarico erano alti. La potenza era dell'ordine di 96 CV a
10.000 giri/min.
Triumph – BSA 750 – Vincitrici a Daytona nel 1971, l'anno dopo queste
tricilindriche inglesi erano ancora protagoniste, ma in seguito sono state
relegate al rango di comprimarie e quindi sono scomparse rapidamente dalla
scena. Avevano un motore a tre cilindri raffreddato ad aria, con distribuzione
ad aste e bilancieri e lubrificazione a carter secco, che erogava una potenza
prossima agli 85 CV a un regime dell'ordine di 8200 giri/min. L'alesaggio era di
67 mm e la corsa di 70 mm. Il telaio a doppia culla continua realizzato dallo
specialista Rob North (che a un certo punto ha sostituito quello dei modelli
stradali di serie) aveva un disegno che ha ispirato molti altri progettisti.
Suzuki TR 750 - Grande protagonista del campionato 1973, era dotata di un motore
tricilindrico a due tempi direttamente derivato da quello della GT 750 stradale.
Aveva la frizione a secco e disponeva di un centinaio di cavalli a 8000
giri/min. Il motore, alimentato da tre carburatori da 34 mm, aveva un alesaggio
di 70 mm e una corsa di 64 mm.
Nel tentativo di contrastare la supremazia della Yamaha, questa moto ha subito
nel 1975 una serie di modifiche, con adozione di un cambio a sei marce e di
carburatori da 38 mm. La potenza superava i 110 cavalli a 8250 giri/min.
La Kawasaki H2R 750stradale; denominata H2-R, aveva il raffreddamento ad aria. È
apparsa nel 1973, con ruote a raggi e freno posteriore a tamburo. Aveva un
alesaggio di 71 mm e una corsa di 63 mm.
Nel 1975 ha fatto la sua comparsa la KR 750, con telaio completamente
riprogettato, ruote in lega leggera, raffreddamento ad acqua, cambio a sei marce
e tre freni a disco. La potenza era di oltre 110 cavalli.
Yamaha TZ 750 – La prima è stata la 750 A, che aveva però una cilindrata di 700
cm3 (per questo è nota anche come TZ 700), ottenuta abbinando su di uno stesso
basamento due bicilindrici 350. Il motore era quindi un quadricilindrico in
linea, con ammissione lamellare e albero a gomiti "sdoppiato" (due alberi
bicilindrici che trasmettevano il moto a un ingranaggio centrale montato
sull'albero ausiliario, il quale a sua volta azionava la trasmissione primaria).
Questa moto ha debuttato nel 1974. Aveva un alesaggio di 64 mm e una corsa di 54
mm e disponeva di oltre 90 cavalli a circa 10.000 giri/min. L'anno dopo è
apparsa la TZ 750 B, con cilindrata "piena", ottenuta portando l'alesaggio a
66,4 mm, che erogava 100 cavalli. Nel 1976 è stata la volta della TZ 750 C con
nuovo telaio e sospensione posteriore monoammortizzatore; la potenza era di
oltre 120 CV a circa 11000 giri/min.
Massimo Clarke
Questa BSA non è una meraviglia???