C'è ancora qualcuno
allora vi propino l'ultima tappa
EdimburgoArriviamo nel primo pomeriggio al braid hill hotel, una pretenziosa costruzione in stile neogotico costruita con i caratteristici mattoni rossi e le finestre “all’inglese” proprio alla sommità di una collina che domina la periferia di Edimburgo.
Dopo una sfacchinata per trasportare i bagagli al terzo piano senza ascensore, lasciata la moto nel parcheggio dell’hotel, proviamo a fare i turisti nella capitale della Scozia, che tutti ci hanno descritto come una delle più belle città del Regno Unito. La città di Robert Luis Stevenson, di Sir Arthur Conan Doyle e di J.K. Rowling
Con il prezioso aiuto della receptionist dell’hotel, una cortesissima ragazza Sarda che lavora da qualche anno ad Edimburgo, sperimentiamo per la prima volta gli efficienti autobus a due piani che, insieme ai taxi, sono il simbolo del trasporto pubblico inglese.
Scendiamo in Princes Street, proprio ai piedi della collina sulla quale è costruito il castello di Edimburgo, per una passeggiata senza una meta precisa, in quella che ci hanno descritto come la città scozzese più visitata dai turisti di tutto il mondo grazie al suo centro storico tra meglio conservati d'Europa.
Pare che il nome della città abbia origine abbia origine dal nome celtico forte di Eidyn, nel periodo in cui nel quarto secolo, il luogo era occupato dalla fortezza del re Clinog Eitin.
Vagabondiamo qualche ora nella New Town il cui nucleo originale risale alla seconda metà del 700 e che rimane un mirabile esempio di architettura e urbanistica dell'epoca georgiana caratterizzata dagli eleganti palazzi, dagli ampi viali e da monumenti e fontane che celebrano la storia e gli eroi della Scozia.
Il castello si erge a dominare con la sua mole l’intera città, su una roccia di origine vulcanica alta solo un centinaio di metri ma che consente di godere di una magnifica vista di Edimburgo.
Saliti sulla spianata che dà accesso al castello, interamente occupata dalle impalcature allestite per in festival delle bande militari, ci prepariamo ad affrontare la lunga coda per pagare il salatissimo biglietto, che già al mattino si è formata per entrare nel complesso storico.
Come in tutti i luoghi vissuti in modo continuativo per centinaia di anni, la struttura che possiamo ammirare oggi, è il frutto della sedimentazione di edifici di diverse epoche, che hanno però conservato al castello la sua essenziale caratteristica di sito militare. Nella sua architettura, si legge la storia stessa della Scozia, con la parte più antica del Castello, datata 1100 fino alle costruzioni cinquecentesche.
Seguendo il programma indicato nella guida, visitiamo il Museo Nazionale della Guerra con le divise e decorazioni che vanno dalle guerre settecentesche alla seconda guerra mondiale fino al Desert Storm.
Negli appartamenti reali è possibile osservare i gioielli della corona, fra cui la spada cerimoniale, la corona e lo scettro, tutti tempestati da pietre preziose incastonate in oro. Nella stessa stanza è presente anche la pietra del destino, dove venivano incoronati i reali scozzesi.
Particolare successo riscuote "l'one o'clock gun", ossia il colpo di cannone che tutti i giorni, eccetto la domenica, viene sparato alle 13.00 per segnalare l'orario alle navi che attraccano al porto.
Non mi ha particolarmente entusiasmato la visita al castello. Qualunque castello Italiano, regala al visitatore quel tratto di eleganza teso a rendere, in ogni occasione, la vita più piacevole. Nella rocca di Edimburgo invece, chi si aspetta un edificio elegante, incontra una arcigna costruzione militare, chi si aspetta opere d’arte, trova collezioni di divise e decorazioni di battaglie combattute in ogni angolo del pianeta.
Scendiamo nella Old Town, che conserva la sua originaria struttura medievale insieme a molti edifici risalenti all'epoca della Riforma Protestante che si affacciano sulla via principale, il Royal Mile.
Il Royal Mile, un rettilineo lungo circa un miglio che costituisce la spina dorsale del centro storico, collega il castello di Edimburgo, a ovest, con l'Holyrood Palace e l'omonima abbazia in rovina, a est, attraversando tutta la vecchia città che poggia su di una collina di origine vulcanica.
Siamo in piena stagione turistica. Il festival di Edimburgo ha attratto visitatori da tutto il mondo con il risultato che Il Royal Mile, è completamente intasato di turisti che affollano i numerosi negozi o assistono a decine di spettacoli di artisti di strada. Ovviamente non manca un verosimile William Wallace che si fa fotografare a pagamento dai turisti.
Man mano che ci allontaniamo dal castello la folla diminuisce e possiamo apprezzare meglio l’elegante architettura che si affaccia sul Royal Mile e le vie secondarie che, dipartendosi a spina di pesce dalla strada principale, sbucano in grandi piazze o in stretti vicoli chiusi.
Tanto per cambiare ricomincia a piovere e dopo aver gironzolato per i negozi della New Town ci concediamo il the delle cinque e torniamo in hotel.
Da Edimburgo a Newcastle Upon Evon km 200
E’ l’ultima tappa scozzese di questo viaggio che ci porta da Edimburgo a Newcastle Upon Evon, dove ci aspetta il traghetto che ci porterà a Ljmunden in Olanda.
Non ci aspettiamo molto da quest’ultima tappa che rappresenta solo un trasferimento. Da diversi chilometri ci siamo lasciati alle spalle il fascino selvaggio delle terre alte che si è portato via anche l’attrattiva che la fuga dalla civiltà e la sfida all’ignoto esercitano su di noi.
Nonostante le pessimistiche attese in ogni viaggio c’è sempre quell’imprevisto che ne costituisce il sale, che gli dà un senso, che lo fa tuo.
Appena lasciata Edimburgo, imboccata la A7 in direzione sud, attraversiamo delle belle colline che alternano verdi pascoli a campi di grano. Stiamo percorrendo la valle formata dal fiume Tweed che scorre in una profonda gola scavalcata da altissimi ponti ad archi in mattoni.
Nell’ottocento, lungo questo fiume, le industrie tessili producevano il prezioso tessuto dalla caratteristica tessitura a spina di pesce che ha preso il nome dalla valle .
La vera sorpresa è però ad una settantina di chilometri da Edimburgo. quando arriviamo a Jedburgh, una piccola località a pochi chilometri dal confine con l’Inghilterra, veniamo attratti da una enorme costruzione in arenaria.
Parcheggiata la moto, siamo stupiti di trovarci proprio di fronte ad una enorme chiesa abbaziale apparentemente in rovina, ma che conserva intatto il fascino di una grande cattedrale medioevale.
La grande chiesa, fondata nel XII secolo da Re David, nonostante sia priva della copertura, è tra le meglio conservate tra quelle del Border.
L’abbazia data alle fiamme dagli Inglesi nella metà del 1500, è stata, la vittima delle guerre che si sono combattute per buona parte del 500 tra Scozia ed Inghilterra sulla linea di confine.
Pagato il biglietto, entriamo dal lato sud attraversando i pochi resti delle costruzioni dell’antico convento e subito dopo, ci traviamo di fronte alla chiesa
La grande cattedrale segue lo schema della croce latina, raccordata al centro da una imponente torre quadrata. L’edificio, orientato longitudinalmente come nella antica tradizione medioevale, lungo l’asse est a ovest ci si presenta mostrandoci il fianco della navata sud
I tre ordini sovrapposti rivelano la tipica immagine di un edificio di transizione con gli ordini inferiori in tipico stile romanico e la parte superiore con gli archi a sesto acuto caratteristici dell’architettura gotica.
La facciata est tipicamente Normanna, è definita da un portale con una profonda strombatura sormontata da una grande finestra e da un elegante rosone.
Entrati nell’edificio, passeggiamo incantati nelle navate, tra archi e pilastri che sfidano il cielo. L’assenza del tetto enfatizza la le dimensioni della costruzione e la luce piena e limpida del mattino sottolinea l’eleganza delle strutture.
Dell’edificio sono rimaste solo le possenti strutture portanti. La struttura è piuttosto semplice, priva di volte,
i poderosi pilastri a fascio che sorreggevano direttamente la struttura del tetto, sembrano grandi alberi ai quali sono stati violentemente troncati i rami.
La struttura romanico gotica, maestosa ed elegante, è del tutto priva di quelle decorazioni tipiche delle architetture medioevali le la decorazione è unicamente affidata ai ritmi ed ai chiaroscuri creati dalle forme architettoniche.
Riprendiamola moto ed i pochi chilometri siamo al passo dove un cippo indica il confine tra la Scozia e l’Inghilterra. Proprio qui passava l’antico Limes tra le terre dei barbari e quelle romane difese dal Vallo di Adriano del quale si conservano diversi tratti.
In un paio d’ore, arriviamo al terminal della DDF Seaways e ci mettiamo in coda con le altre moto in attesa dell’imbarco per l’Olanda.
Piano, piano si forma una coda di una trentina di moto, e nell’attesa scambiamo quatto chiacchiere con uno scozzese che sta andando al GMG e che ci comunica che le previsioni, tanto per restare in tema, danno pioggia in Olanda per l’indomani.
Dura parecchio l’attesa dell’imbarco, le moto vengono caricate per ultime e collocate in uno strano corridoio sospeso a mezz’aria nella enorme pancia del traghetto.
Lavati e ripuliti cerchiamo il ristorate, dove scopriamo che una bistecca costa la bellezza di 35 eurini. Qualora vi capitasse di utilizzare la DDF, tenetene conto e comprate cibarie a terra se non volete farvi spennare.
A letto presto nella bella cabina e sveglia alle prime luci dell’alba tra mulini a vento off shore, nel bel mezzo di un temporale.
Sbarchiamo a Lijmunden con già indosso le tute impermeabili per essere accolti appena sbarcati dalla fastidiosa pioggia che è stata l’indesiderata e assidua compagna di questo viaggio.
Direzione sud. Il programma è di arrivare a casa in un paio di giorni facendo tappa a Trier distante circa 400 chilometri.
Sempre sotto una pioggia battente attraversiamo la piatta campagna olandese della quale conserviamo solo rapide impressioni e immagini fugaci di distese di prati attraversati da canali sbarrarti da chiuse che regolano il flusso dell’acqua. Bastano pochi chilometri sulle belle strade olandesi e torniamo in fretta ad abituarci alla guida a destra.
Attraversiamo le ardenne, coperte da fitte foreste, proprio nel giovedi del week end del gran premio di formula 1 evitando, grazie a Dio, il prevedibile casino dei giorni di gara.
Arriviamo nel pomeriggio a Trier, (Triviri per noi latini) una città di origine romana fondata nel 16 a.c. come capoluogo della provincia Belgica.
Di questo periodo conserva numerose testimonianze, come la Porta Nigra, eretta da Costantino, oggi simbolo della città. Trovato un buon hotel affacciato sulla Mosella, proprio di fronte allo splendido ponte romano che ancora oggi svolge egregiamente la sua funzione.
Scaricata la moto ci dedichiamo al turismo in questa città che ha dato i natali a Sant’Ambrogio e a Karl Marx.
La città è bellissima e meriterebbe ben più di una affrettata visita di qualche ora.
Ci accontentiamo dei luoghi di maggiore interesse storico: la Porta Nigra, un colossale bastione che faceva da porta di ingresso alla città romana; la straordinaria basilica di Costantino, una grande aula nella quale si celebravano le udienze civili e che per lo stato di conservazione sembra costruita ieri; La bellissima cattedrale romanica, con la sua architettura massiccia di semplice e purezza.
Dopo aver girovagato per un po’ nel centro storico con le sue architetture medioevali che si sono sovrapposte a quelle romane torniamo in hotel per una bella cena alla tedesca annaffiata da una eccezionale birra.
Da casa ci separano solo 750 chilometri di autostrade, attraverso Germania Svizzera e Lombardia che percorriamo finalmente senza la pioggia che ci ha perseguitato per tutto il viaggio.
Nonostante tutto, ci è piaciuto questo viaggio. Abbiamo apprezzato la magia della grande architettura inglese, nella quale gli uomini hanno profuso lavoro, sangue, sudore e intelligenza; Siamo rimasti incantati dalla magia regalata della natura, modellata da pioggia e vento come ha voluto Dio.
Come in tutti i viaggi, siamo stati attratti dalla gente incontrata, persone che di fronte al viaggiatore rivelano il lato migliore. Su tutto però, ci sono piaciuti i motociclisti a volte conosciuti, spesso solo sfiorati e salutati con un frettoloso lampeggio o con un cenno della mano. E’ grazie al loro aiuto che abbiamo portato a termine questo viaggio. Strana e meravigliosa gente… i motociclisti
Eugenia + Sergio