25 Novembre. Tempo incerto autunnale.
Manca un mese alla festa più attesa (da me no…) sempre che i Maya non c’azzecchino…
Molte moto sono in letargo ed i biker, che le cavalcano durante i periodi più caldi e le giornate assolate, preferiscono il tepore delle mura domestiche, le partite del folle mondo del pallone, oppure “ronfano” in attesa della luce verde del Gp del Brasile di F1. Critica nei loro confronti? No… Solo il quadretto di una tipica domenica autunnale…
Io non amo il calcio e neppure le mura domestiche, soprattutto quando, dentro di me, scatta un qualcosa di indescrivibile che mi fa venir voglia di salire in sella ed andare a fare un giro a zonzo da qualche parte.
Maglione di lana, Guanti imbottiti, sottocasco, quello lungo con la membrana wind stopper, giacca con termofodera, macchina fotografica al seguito. Moto che gira al minimo, casco allacciato. Salto in sella… Cavoli!!!! Gli occhiali! First… sei proprio invecchiato… Ceco e pure rimbambito!
Mi lascio alle spalle Il ponte in ferro sul Po’di Mezzana. Giro intorno come un satellite alla Citta di Voghera. Proseguo per Rivanazzano.
Uscendo da quest’ultimo centro abitato si para davanti a me un Harleista. Lo seguo. Sta facendo la mia stessa strada, forse la conosciamo bene entrambi, come se fosse il sentiero che mena all’orto di casa nostra. Arriviamo a Varzi. Piove.
Mi fermo e l’Harleista fa lo stesso. Torna indietro e si avvicina: “Che dici.. andiamo fin su al Penice a vedere com’è”?
Proposta allettante… soprattutto per uno come me, che ama viaggiare da solo inseguendo le sue follie ma allo stesso tempo, ama questi strani incontri con biker di ogni dove.
Lo seguo di nuovo. La strada sale e la pioggia sparisce di colpo lasciando il posto ad una nebbia fastidiosa, umida a tratti densa come il latte che ci costringe a mantenere andature da mezzo agricolo. Lungo i tornati seminvisibili corrono boschi ruggini, addormentati. I rumori del motori Harley e Guzzi , rompono questa quiete ovattata dalla bruma. Sicuramente qualche gnomo ci ha stramaledetto…
Raggiungiamo il Passo e la nebbia si dirada. Il cielo è ancora cupo ma Il paesaggio e bellissimo. Un Caffè e due chiacchiere allo Scarpone, mitico rifugio dei Biker, ovviamente si parla di moto e di viaggi. L’amico e di Tortona. Amo questi incontri occasionali. Secondo me sono l’icona della fratellanza che c’è tra i motociclisti che amano veramente la moto.
Le nostre strade si dividono. Lui decide di tornare a valle, io decido di salire ancora. Ho voglia di isolarmi con la natura, con il silenzio. Ho voglia di godermi la mia Guzzi come non facevo da tempo. Mi dirigo verso il Santuario in cima al Monte Penice seguendo la striscia di asfalto che si srotola tra boschi e prati. Tira una leggera brezza, la nebbia si sposta di continuo, alcuni momenti sono avvolto completamente, non vedo nulla, fantasmi inquieti di questo ultimo anno travagliato m’inseguono. Alcuni istanti dopo invece, la nebbia si dirada e godo di panorami fantastici. Torna la quiete dentro di me.
Raggiungo la cima. Il vento sibila. La chiessetta lassù e le antenne del Monte Penice giocando a nascondino con la nebbia. Come bambini biricchini spariscono nel nulla ogni qualvolta cerco di scattare una foto. Che bello però! Che bella la sensazione di libertà che si prova quando si va a zonzo in moto. Quasi non la ricordavo così meravigliosa.
L’ora si fa tarda tra poco comincerà ad imbrunire, meglio dirigere la prua della mia fedelissima verso casa. Contento più che mai con un sorriso di compiacimento sul viso scendo verso valle. La mia Guzzi pulsa gloriosa. Io fischietto.