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 cose turche episodio II

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2 partecipanti
AutoreMessaggio
sergioenrico

sergioenrico


Numero di messaggi : 293
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cose turche episodio II Empty
MessaggioTitolo: cose turche episodio II   cose turche episodio II EmptyVen 8 Gen - 13:14

cose turche episodio II

Dougubeyazit Van km 180
Ripartiamo dirigendo decisamente a sud, per scendere verso i 1700 metri del lago Van, una vasta macchia azzurra sulla nostra cartina dell’est della Turchia. Il lago, privo di sbocchi ha una forte concentrazione di Sali che lo rendono simile al mar Morto.
Sono poco meno di duecento i chilometri che separano Dougubeyazit dalla città di Van, dove arriviamo in mattinata, dopo aver costeggiato un desolato tratto di costa affacciato sul lago.
All’opposto di Dougubeyazit, Van si presenta come una moderna città. con un traffico caotico che ci riporta al clima conosciuto di una città Anatolica. La frenesia di vivere all’occidentale, fa tuttavia emergere stridenti contrasti sociali.  I bambini che tendono la mano, rari a Dougubeyazit, dove si è conservata una struttura sociale di tipo tradizionale, sono qui numerosi e denunciano il dramma di una povertà senza speranza.

Akdamar
La sosta a Van è giustificata dalla presenza, a pochi chilometri dalla città, dell’isolotto di Akdamar  dove sorge la chiesa della S. Croce, uno dei massimi capolavori dell’architettura Armena.
La Lonely Planet ci informa che a causa della riduzione del turismo, sarà piuttosto difficile trovare un traghetto per l’isolotto, distante tre chilometri dalla costa.  Arrivati al porto d’imbarco, scopriamo invece che è attivo un regolare servizio di linea.
E’ piacevole la traversata sul piccolo battello che porta alla chiesa che, visibile in lontananza, sfoggia le sue snelle forme  che si stagliano nitide nel cielo azzurro. L’edificio, a pianta centrale come la maggior parte delle chiese Armene, è stata risparmiata dal trascorrere dei secoli e ci si presenta praticamente intatta.
La costruzione è contraddistinta da un alto tiburio che ne caratterizza le singolari forme architettoniche.
La semplice decorazione si snoda in fasce parallele, in uno stupendo fumetto inciso nella pietra e ci narra la poesia del vecchio e del nuovo testamento, tramandato dalla tradizione Armena. Riconosciamo nelle raffigurazioni, raccontate in uno stile essenziale, da un lato le storie di Adamo ed Eva e di Davide e Golia, dall’altro le vicende degli Apostoli e i miracoli di Gesù.  Al centro l’austera figura del Cristo Giudicante, divide simbolicamente il vecchio dal nuovo tempo.

Van Kata km 520
Partiamo da Van dirigendo decisamente verso ovest. La strada fiancheggia per un lungo tratto la costa del lago, alternando paesaggi incontaminati con desolati luoghi, nei quali giacciono abbandonati impianti industriali ormai in disuso.
Superata Tatvan, ultima città affacciata sul lago, iniziamo la lunga discesa che ci porterà, ai seicento metri di Diyarbakir.
I chilometri scorrono veloci in un paesaggio anonimo che non ci lascia ricordi. Siamo accompagnati dal gran caldo, portato dal vicino deserto Siriano che aumenta man mano che l’altezza diminuisce, fino a segnare sul termometro della Caponord i 45 gradi.
Arriviamo verso l’una a Diyarbakir parecchio provati, ma una breve sosta ci rimette nelle condizioni di ripartire.
Superata la città sulle rive del Tigri, un cartello indica Sunliurfa, l’antica Edessa.  Una leggenda narra che proprio qui è stata custodita per più di mille anni la Sacra Sindone. La suggestione di visitare un luogo per il quale si sono combattute guerre, è forte ma resistiamo alla tentazione e proseguiamo per Kata.

Un’avventura
Le indicazioni per il traghetto sono poco chiare, ci fermiamo ad un bar, dove dei camionisti ci confermano l’esistenza di un traghetto a pochi chilometri.
Percorsi alcuni chilometri, chiediamo di nuovo ad un pastore fermo ai bordi della strada che con ampi gesti ci indica di tornare indietro, prima del bar dove ci eravamo fermati poco prima. Certi del fatto che il pastore nulla sapeva né di Kata e nemmeno del traghetto proseguiamo fino a quando un malconcio cartello indica qualcosa di simile ad un traghetto.
Confortati dalla cartina infiliamo il bivio. La carreggiata si restringe sempre più, ed aumenta la nostra sensazione di aver sbagliato strada, fino a quando una sbarra chiodata posta di traverso, conferma tutti i nostri dubbi! Il pastore aveva ragione, ed io non avevo capito una beata fava!
Armi spianate, dei militari, ci invitano a parcheggiare la moto ed a seguirli in caserma.
Passiamo un brutto quarto d’ora, tra due sergenti che ci interrogano, fino a quando il sergente più furbo, capisce che abbiamo effettivamente sbagliato strada. L’atmosfera si fa prima rilassata, poi cordiale, fino a quando non diventa difficile spiegare che proprio dobbiamo partire.
Grandi saluti e siamo di nuovo in strada. Imbocchiamo il bivio giusto e dopo pochi chilometri, in cima ad un crinale, vediamo la grande diga sull’Eufrate che ci fa restare senza fiato.  Le montagne, arrossate dal sole ormai basso all’orizzonte, si specchiano nel blu intenso del lago, regalandoci la più classica delle immagini da cartolina. Scendiamo fino al punto d’imbarco dei traghetti, dove in contrasto con la nostra agitazione, ci accolgono i ritmi pacati dell’oriente che si manifestano perfino nella misurata gestualità della gente.
Arriva finalmente un piccolo traghetto. La traversata del bacino formato dalla grande diga “Ataturk Baraj” sull’Eufrate che dura una mezz’ora è una esperienza esaltante, siamo immersi in contrasti di colori che credevamo possibili solo nella nostra fantasia.

Kata
Arriviamo a Kata, una città anonima, brutta e polverosa,  circondata da pozzi petroliferi che hanno portato nella zona, una certa ricchezza; Ma Kata è anche la miglior base di partenza per la visita del Nemtut Dag, la montagna con la spettacolare tomba di Antioco I, Re della Commagene,  un piccolo stato cuscinetto, nel primo secolo avanti Cristo, tra i due più potenti imperi dell’antichità: Quello Romano e quello Persiano. Antioco, per celebrare se stesso e per onorare i potenti vicini ha voluto questo singolare monumento funerario sulla montagna più elevata del suo regno.
Dopo oltre  cinquecento chilometri, e dodici ore di moto, sfiniti scarichiamo i bagagli davanti al migliore albergo della città, mentre ci presentano una coppia di giovani italiani in viaggio con un gruppo di austriaci. Solo la sera, dopo una rigenerante doccia, riusciamo a recuperare la necessaria lucidità per rispondere alle domande dei connazionali.
Dopo cena, nella hall veniamo avvicinati da un personaggio che ci propone la visita al Nemrut con un mezzo privato. Il tragitto ci viene descritto come estremamente pericoloso e in ogni caso, non ci viene fornita alcuna indicazione sull’itinerario. Siamo troppo stanchi per contrattare, con un atto di pura codardia accettiamo l’offerta e ci accordiamo per una visita al tramonto.

Monte Nemrut
L’indomani, come d’accordo, all’una del pomeriggio arriva la nostra guida. Con una punta di rimorso, lasciamo la Caponord di fronte all’hotel e saliamo sul pulmino.  .
La prima tappa dell’escursione, ci porta ad un tumulo in ciottoli alto una trentina di metri, sotto il quale sono sepolte le regine della Commagene. A guardia del loro sonno, in cima ad una colonna, una grande aquila in pietra. Poco dopo incontriamo uno splendido ponte romano che scavalca il fiume Cendere, nel punto in cui il corso d’acqua esce tumultuoso da una stretta gola, per poi allargarsi, placido e  tranquillo in una ampia valle.
Il ponte, ad unica arcata, incorniciato da tre eleganti colonne, (una è stata distrutta) è stato costruito nel secondo secolo dopo Cristo in onore dell’imperatore Settimio Severo.
Saliamo ancora di quota fino al sito dell’antica capitale Arsameia, sentinella del luogo una magnifica stele che raffigura  Mitridate, padre di Antioco, che stringe la mano ad Ercole. Quando si dice vantare amicizie importanti!!
Saliamo in cima, fino all’acropoli battuta da un vento teso che fa ondeggiare le sterpaglie e i cardi selvatici che hanno ormai colonizzato le poche pietre della città antica.
Tornati al pulmino, imbocchiamo l’ultimo tratto di strada che porta verso la vetta. La vista della pavimentazione in porfido, parecchio rovinata ma tutt’altro che impraticabile anche con una moto di oltre 200 chili, aumenta in noi il rimpianto di non essere qui con la Caponord.
Proseguendo superiamo il limite della vegetazione fino a quando, già da alcuni chilometri di  distanza, diventa visibile la sagoma del tumulo talmente imponente da  modificare  la morfologia della vetta della montagna.
Mano a mano che ci avviciniamo ai 2.200 metri della cima, la strada peggiora sensibilmente, buche larghe e profonde si aprono nella pavimentazione in porfido lasciando largo spazio alla terra battuta.
Arrivati al parcheggio cominciamo a piedi la salita che conduce alla base del tumulo, fino a quando giunti  alla terrazza est, all’improvviso compaiono le colossali teste che rappresentano gli Dei della Commagene.
Il sole disegna il profilo del cono, alto oltre cinquanta metri che getta la sua ombra sulle statue. La tomba di Antioco è costruita con ciottoli non più grossi di un pugno e non possiamo fare a meno di pensare al sudore, al sangue, alla fatica degli uomini che hanno portato sin quassù l’enorme quantità di materiale che è servito per innalzarla.
Giriamo intorno alla collina artificiale per arrivare alla terrazza ovest dove sostiamo incantati di fronte alle colossali teste sparse sulla spianata, alte oltre due metri rappresentano il pantheon greco-romano affiancato alle divinità persiane in uno stile scultoreo del tutto originale.
Sulla terrazza, in attesa del tramonto, complice la straordinaria vista su un paesaggio aspro, torturato dal tempo e dalla natura, ci lasciamo cullare dalle emozioni. Nel frattempo, mentre il sole si abbassa all’orizzonte, lentamente il colore del tumulo passa dal giallo ad un rosso infuocato. In lontananza, sotto di noi luccica l’acqua della grande diga sull’Eufrate.
Durante il ritorno a Kata, mentre scende rapida l’oscurità, ringraziamo di cuore  la nostra guida Ibraim, un Curdo di circa 35 anni che con una cortesia non affettata,  disponibile a rispettare i nostri tempi, e a soddisfare le nostre curiosità, ci ha fatti sentire ospiti e non clienti.

Kata Ucishar km 500
L’indomani, di primo mattino, ripartiamo per percorrere gli oltre 500 chilometri che ci separano dalla Cappadocia. Fino a Malatiya, siamo immersi nel maestoso paesaggio del Tauro. I monti si susseguono ai monti in una ininterrotta catena di rilievi che superano i 2000 metri. Dopo i primi tortuosi chilometri, tormentati da curve e controcurve che esaltano la ciclistica della Caponord, la strada si distende in interminabili rettilinei in un susseguirsi di ripide salite e di altrettanto ripide discese dove arrancano fumosi autocarri.
Ci concediamo le soste strettamente necessarie per il carburante prima di arrivare ad Ucishar dove alloggiamo nello splendido e già conosciuto Club-Med.
E’ la terza volta che veniamo in Cappadocia, sempre uguale e sempre diversa, non finisce di sorprenderci,
non è strano che tanti stranieri si siano innamorati di questi luoghi tanto da scegliere di viverci.
Torniamo ancora a Goreme, poi nella valle di Zelve con le chiese scavate nella tenera arenaria che hanno ospitato le più antiche comunità cristiane. Attraversiamo la Peribacalari Valisi con gli spettacolari funghi di roccia. Gli autobus dei viaggi organizzati sembrano calamitati dalla teoria di bancarelle sempre posizionate in modo strategico in questi punti spettacolari. Fuori da questi luoghi, la Cappadocia riprende la sua dimensione da fiaba. Lontano dai circuiti dei viaggi organizzati, i ritmi lenti acquistano il valore antico di una civiltà contadina che non si vuole arrendere alla modernità.
Ma è il cielo della Cappadocia a regalarci delle notti straordinarie con un cielo profondo, punteggiato da stelle che ci sembrano più grandi, più brillanti, più belle.
Non ci stanca mai la Cappadocia. Come le altre volte, lasciandola alle nostre spalle ci prende una sorta di amarezza, accompagnata dalla certezza che ci sarà un’alta volta, un altro motivo per tornare.

Ucishar  Side Kemer km 600
Sulla strada per Konya è sempre irrinunciabile una sosta per la visita di Sultanhani, uno dei caravanserragli meglio conservati della Turchia.
Sotto l’accogliente pergolato del ristorante, davanti all’antico luogo di sosta delle carovane, assistiamo all’arrivo di un viaggio organizzato di turisti italiani. Alcuni di loro, notata la targa circondano la Caponord, avanzando congetture sulla “strana presenza” e sul modo in cui è arrivata fino a lì. Poi vedendoci, si avvicinano e per un po’ diventiamo il centro della loro curiosità.
Superata Konya, pieghiamo a sud, verso il Mediterraneo, attraversiamo un paesaggio anonimo fatto di lunghi rettilinei che sfiorano rari paesi. La noia del paesaggio invita ad aprire il gas, fino a quando una pattuglia di poliziotti ci intima l’alt. Abbiamo di nuovo superato il limite di velocità. Questa volta  ci viene concesso l’onore della ricevuta di TL 26.600.000 (circa 25 Euro) che finirà nella nostra bacheca dei ricordi.
Per scendere dall’altopiano, la strada si tuffa in una vertiginosa discesa prima di arrivare ad Antalya. Superata la città, con il grande porto dal quale partono molte delle carrette di disperati che stanno invadendo l’Europa, alla ricerca del miraggio di facili ricchezze, costeggiamo un tratto della costa turchese tra i più sfruttati dal turismo di massa.
Decidiamo per una sosta prima a Side, in un enorme hotel frequentato da anziani tedeschi, poi a Kemer, dove ci eravamo già fermati anni fa, dove scopriamo che in contrasto con la tranquillità di allora, oggi kemer è diventata una località in pieno sviluppo, affollata da turisti russi. Prima di ritornare sull’altopiano, ci regaliamo qualche giorno di mare peregrinando tra i vari alberghi, in una Kemer  troppo affollata di turisti “tutto compreso”.

Kemer Pamukkale km 260
Ripartendo, per evitare lungo trasferimento lungo la costa turchese, puntiamo ancora verso l’interno per arrivare a Pamukkale, il “castello di cotone” con le bianche concrezioni create dalle sorgenti calde. L’acqua, con una forte contenuto di calcare, scendendo a valle, forma una serie di laghetti semicircolari, degli enormi catini dal cui orlo, debordando l’acqua forma delle enormi colonne che ricordano delle canne d’organo.E’ la terza volta che ci fermiamo a Pamukkale ma  assistere al tramonto del sole che si specchia nelle vasche è la conferma di essere di fronte ad uno degli spettacoli più suggestivi che la Turchia sa offrire. Al tramonto inoltre,  quasi tutti i pullman hanno  già raccolto la maggior parte dei turisti dei viaggi organizzati e ci si può godere lo spettacolo con una relativa calma.

Pamukkale Cesme km 330
Ripartiamo percorrendo la valle del fiume Meandro che si getta nell’Egeo nei pressi di Efeso. La strada è parecchio trafficata e considerato lo stile di guida dei turchi, decisamente pericolosa. Il concetto è di una semplicità disarmante: il più grosso ha la precedenza, và da sé che in moto conviene adeguarsi.
Una breve sosta a Efeso, già visitata alcuni anni fa e proseguiamo, percorrendo la strada costiera in direzione di Smirne.
Arriviamo a Ilica, a pochi chilometri da Cesme dove trascorriamo la notte prima della partenza.
Dopo aver speso le ultime lire turche, puntuali ci presentiamo al porto, con noi sono numerosi i motociclisti che aspettano l’imbarco. Questa volta il traghetto non si fa attendere ed in perfetto orario la nave si stacca dal molo.

A casa
Mentre le coste della Turchia si allontanano, dai visi dei passeggeri traspaiono i sentimenti più diversi.
C’è l’espressione serena di chi, come noi al termine di una vacanza, ripercorre le vicende del viaggio appena concluso, sapendo di tornare alla propria casa. Ci sono poi  i visi degli emigranti che con le lacrime negli occhi lasciano la loro terra, per tornare alla realtà quotidiana di una integrazione ancora lontana e forse, neppure tanto cercata.
Sul traghetto che ci sta portando a Venezia i giorni scorrono lenti, abbiamo il tempo di provare a rimettere insieme ricordi e impressioni di un  viaggio che ci ha condotto ben oltre i confini delle nostre abitudini e della nostra cultura.
Ci vorrebbe un poeta per esprimere le sensazioni che abbiamo provato in quei giorni. Noi, da semplici cronisti, abbiamo solo provato a raccontare di steppe senza fine, di grandi fiumi non ancora chiusi da argini artificiali, di montagne maestose disegnate dal pennello dei secoli, di una natura che la moto ti fa sentire ancora più dura, ostile.
In moto abbiamo preso tutto, il caldo, il vento, la pioggia, la fatica ma abbiamo anche condiviso l’orgoglio di esserci messi alla prova e la soddisfazione di aver portato a termine la nostra piccola impresa, prima di rientrare nella quotidianità, senza la quale però, anche ogni avventura avrebbe meno sapore.

Eugenia+Sergio


P.S.
Non ho foto digitali ma un filmato di una 40ina di minuti si…
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MessaggioTitolo: Re: cose turche episodio II   cose turche episodio II EmptyVen 8 Gen - 16:59

Sergio, puoi scrivere un libro, di tutto quello che avete visto e che avete passato in un viaggio così....
anche interrogati dai militari!
Suspect

(chissà che possiamo organizzare la proiezione del filmato...)
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MessaggioTitolo: Re: cose turche episodio II   cose turche episodio II EmptyVen 22 Gen - 8:55

ho scannerizzato alcune diapositive del viaggio. la qualità è quella che è ma...

url=https://servimg.com/view/18029574/194]cose turche episodio II 1_bari10[/url]

lo stadio di Bari progettato dall'archistar Renzo Piano



cose turche episodio II 2_kony10

La moschea di Konya, una delle città più integraliste della Turchia di allora

cose turche episodio II 3_stra10

la strada da Konya ad Aksaray sull'altopiano anatolico
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MessaggioTitolo: Re: cose turche episodio II   cose turche episodio II EmptyVen 22 Gen - 9:08

che posti, Sergio......
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MessaggioTitolo: Re: cose turche episodio II   cose turche episodio II EmptyVen 22 Gen - 9:13

ne aggiungo qualcuna...

cose turche episodio II 4_sult11

il caravanserraglio di Sultanhani, un autogrill del medioevo di epoca Selgichide

cose turche episodio II 5_est10

si sale verso i 1700 metri dell'altopiano in direzione dell'Armenia

cose turche episodio II 6_vers10

la strada per Ani sul confine tra Turchia e Armenia, ancora inviolabile a causa dei rapporti sempre tesi tra i due paesi

cose turche episodio II Pic20110

l'Ararat, la montagna della Bibbia

cose turche episodio II Pic20111

l'arrivo all'isak pasa saray

cose turche episodio II Pic20112

l'Isak Pasa Saray. ogni commento è di troppo.



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MessaggioTitolo: Re: cose turche episodio II   cose turche episodio II EmptyVen 22 Gen - 13:22

Sergioenrico ha scritto:

"l'Isak Pasa Saray. ogni commento è di troppo."


è vero.....
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sergioenrico

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MessaggioTitolo: Re: cose turche episodio II   cose turche episodio II EmptyVen 22 Gen - 14:49

il giro di boa...

cose turche episodio II 1_vers10

da Dougubeyazit al lago van

cose turche episodio II 2_pont11

verso il monte nemrut ponte romano di epoca imperiale


cose turche episodio II Pic20113

la tomba a tumulo di Antioco re della commagene

cose turche episodio II Pic20114

la cappadocia

cose turche episodio II Pic20115

pamukkale


dimenticavo.... il filmato è più completo se Norton vuole organizzare nessun problema

sergio+eugenia


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MessaggioTitolo: Re: cose turche episodio II   cose turche episodio II EmptyVen 22 Gen - 15:08

ma allora ne hai di belle foto!!!!
Shocked

organizzerei volentieri
vorrei parlarne magari il mese prossimo
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