Vecchie storie.
E, si! Arriva l’inverno e vicino al camino ritornano in mente vecchie storie. Era il 1999 quando ad una trasmissione televisiva fecero vedere un documentario su dei monasteri persi nei Carpazi. Così, quando c’erano ancora i confini nacque l’idea di un Viaggio a Est
Da Pavia a Celje (slovenia) km 600
Sono le 10 del mattino. Al confine Italo-Sloveno di Gorizia siamo in attesa di sbrigare le brevi formalità necessarie per il passaggio in frontiera: Passaporto, carta verde ed eccoci in Slovenia.
Siamo partiti all’alba da Pavia per affrontare la prima tappa del lungo viaggio che ci porterà, attraverso Slovenia, Croazia e Ungheria, in Romania, fino al delta del Danubio, per poi dirigere a sud e tornare in Italia attraverso Bulgaria, Turchia e Grecia.
Superato il confine, la Slovenia ci accoglie con il suo splendido ambiente alpino. Il paese sembra creato apposta per la moto. La strada serpeggia dolcemente sull’altopiano, siamo immersi nel verde di boschi che si alternano a suggestivi paesi che denunciano una chiara influenza Austriaca.
Sostiamo a Celje, una tranquilla località termale sulle colline. Considerati i prezzi, per noi italiani davvero vantaggiosi, ci concediamo un lussuoso Hotel con una piscina termale coperta.
Da Celje a Budapest (UngheriaKm 375
Il mattino successivo, ci accoglie con un fastidiosa pioggerella che ci accompagna per alcuni chilometri ma che, per fortuna, lascia ben presto spazio ad un pallido sole. Arriviamo al confine con la Croazia. Scopriamo un paese ben diverso da quello aperto e disponibile che avevamo conosciuto sulla costa Dalmata. Qui, nell’estremo nord del paese, lontano dalle rotte turistiche, le conseguenze della recente guerra, si fanno ancora sentire sul livello di vita della gente, che appare evidente dalla povertà dei villaggi attraversati.
Le pratiche al confine con l’Ungheria sono essenziali e dopo aver cambiato valuta, ci dirigiamo ancora a est, verso Budapest.
La strada, lascia il paesaggio alpino per distendersi nella grande pianura Danubiana, segnata dal lago Balaton che rappresenta una delle mete preferite delle vacanze degli Ungheresi. Il Balaton, di forma allungata, è caratterizzato da una costa nord frastagliata, mentre sulla costa sud, le rive basse e sabbiose hanno favorito la costruzione di una interminabile teoria di insediamenti turistici.
Il traffico, pur ordinato è intenso lungo tutta la costa ma l’Africa Twin ci consente di superare il serpentone di auto che ci accompagna fino a Budapest, dove arriviamo nel pomeriggio.
Budapest
Budapest conserva l’impianto Asburgico nell’urbanistica e nell’elegante architettura dei palazzi e dopo gli anni di socialismo reale, abbattuti i simboli del passato regime, sono evidenti i segni di una tumultuosa ripresa.
Accanto all’opulenza dei nuovi alberghi e delle strade eleganti, che espongono le firme degli stilisti occidentali, sono numerosi i segni dell’emarginazione di coloro che non riescono ad adeguarsi al ritmo dei cambiamenti.
E’ tuttavia piacevole esplorare senza meta la Capitale Ungherese che svela in qualunque luogo il suo fascino di città Mitteleuropea.
Budapest è magnifica, segnata dalla presenza del maestoso Danubio che la divide in due: Buda , collinosa ed austera e Pest, pianeggiante e vivace.
Ci sono luoghi che meglio di altri possono rappresentare una città; A Budapest, le terme, i magazzini Ghellert, la vecchia metropolitana, la piazza degli eroi, e una visita alla storica pasticceria Gerebaud, sono i posti che a nostro parere non si devono perdere.
Da Budapest a Cluj Napoca (Romania) km. 405
Dopo due giorni di sosta ripartiamo, ci aspetta la Puzda, l’ampia pianura alluvionale disegnata dal Tibisco e dal Danubio che caratterizza profondamente il paesaggio rurale dell’Ungheria.
Arriviamo in breve al confine con la Romania. I visti, precedentemente richiesti, semplificano le pratiche doganali e in breve siamo al di là del confine.
Di solito, quando entriamo per la prima volta in un paese, proviamo un lieve senso di angoscia ; Il primo approccio con la Romania, attraversando la città di Oradea, poco dopo il confine, è addirittura traumatico. Non ci aspettavamo davvero una tale rovina.
Dopo alcuni chilometri, iniziamo tuttavia ad ambientarci, aiutati in questo dalla lingua, e dalle sue assonanza con l’italiano, che dopo giorni di incomprensibile Ungherese, ci aiuta a stabilire un rapporto diretto con la gente. La definitiva riconciliazione con il paese è a tavola, dove troviamo, non senza sorpresa, una cucina gustosa, molto simile a quella italiana.
Nel primo pomeriggio arriviamo a Cluj Napoca, la città multiculturale della Transilvania che conserva ,tra l’altro, una interessante cattedrale tardogotica.
Un elegante albergo, ricavato da un palazzo di inizio ottocento ci accoglie al costo di 50 dollari per la camera, purtroppo non c’è il garage per la moto, che viene così ospitata nella cucina del ristorante.
Da Cluj Napoca a Suceava (Romania) km 300
Ripartiamo ancora verso est, in direzione di una delle mete principali del viaggio : I monasteri della Bucovina.
La regione della Bucovina, costituisce certamente una delle zone di maggiore interesse turistico della Romania : Il complesso di monasteri fortificati, sorti nel xiv secolo intorno alla città di Suceava, che sono stati recentemente compresi nel patrimonio dell’umanità protetto dall’UNESCO.
Dopo Cluj Napoca, la strada è fiancheggiata da una ininterrotta teoria di paesi caratterizzati da basse casupole che denunciano una economia rurale di estrema povertà.
E’ davvero singolare, per noi, vedere la gente, vestita a festa per la domenica, circolare su dei carretti trainati da cavalli, diretti ai paesi vicini. Qui il tempo sembra davvero essersi fermato !
Il traffico, se si escludono i carri, i mezzi agricoli e qualche autocarro, è praticamente inesistente. Il pericolo più grosso nei paesi, è rappresentato dai gruppi di oche, che spaventate, si parano davanti con un minaccioso sbattere di ali.
Affrontiamo i primi rilievi dei Carpazi, la catena montuosa che caratterizza il nord della Romania. Via via che ci avviciniamo al passo di Tihuta, che rappresenta lo spartiacque tra la Transilvania e la Moldavia, il paesaggio si trasforma, rivelando dolci colline coperte di boschi, prati con gruppi di contadini intenti a raccogliere il foraggio. Ci affianchiamo per alcuni chilometri a uno sferragliante treno e dai finestrini, i passeggeri ci salutano calorosamente quando superiamo un vecchio camion che arranca sulla salita.
Scendiamo verso Suceava, città industriale e base ideale per visitare i monasteri Ortodossi della Bucovina. Arriviamo nel tardo pomeriggio, anche qui l’albergo, che avevamo prenotato dall’Italia, non dispone di garage e la moto finisce in cucina.
Dopo una doccia, visitiamo una città che offre pochi spunti di interesse. Curiosa, una copia della chiesa costruita a Rocamps dal grande architetto svizzero Le Corbusier, che ospita una dimessa casa del popolo.
La Bucovina
Il giro completo dei cinque monasteri, costruiti tra il XV e il XVII secolo, che durante l’occupazione Turca hanno rappresentato un luogo di conservazione dell’identità Ortodossa della Romania, è parecchio impegnativo. Sono necessari due giorni per la visita.
Il mattino riprendiamo la moto e visitiamo per primo il monastero di Dragomirna, poco distante da Suceava. Completamente isolato, sui primi rilievi dei Carpazi, il monastero è immerso in un fitto bosco e circondato da possenti mura. All’interno del recinto, si trova la chiesa dei tre gerarchi, con una stupenda cupola decorata in modo estremamente raffinato. A Sucevita, la “perla verde dei Carpazi”, ci fa da guida una giovane monaca, che in un perfetto italiano ci fa riflettere sul significato profondo dei monasteri. Al termine della visita, acquistiamo per poche lire una magnifica icona. Nel pomeriggio proseguiamo per il Monastero di Moldovita, con i suoi affreschi a fondo giallo, ed infine visitiamo Voronet, la cappella Sistina dell’oriente, dominata dall’azzurro.
Il Giorno successivo lo dedichiamo al monastero di Neamt, l’unico custodito da Monaci.
Non ci deludono davvero i monasteri. Inseriti in uno straordinario paesaggio, protetti dalla natura e resi imprendibili dal lavoro dell’uomo, qui l’arte ortodossa è stata amorevolmente conservata da calligrafi, pittori, miniaturisti e intagliatori che ci hanno tramandato la millenaria cultura Bizantina, difendendola dall’invasione Turca.
Da Suceava a Tulcea (Romania) km. 410
I circa 400 chilometri che separano Suceava da Tulcea, ci offrono un sensibile cambiamento del paesaggio. Gli agglomerati di casupole, le coltivazioni a piccoli appezzamenti dell’economia di montagna, lasciano il posto alle grandi fattorie collettivizzate, con i campi di grano adatti alla lavorazione meccanica. Il paesaggio, talvolta aspro dei Carpazi, fa spazio qui a grandi pianure ondulate che preludono alle steppe dell’Ucraina. Ci dirigiamo a sud per incontrare nuovamente quel Danubio che avevamo lasciato a Budapest.
La strada fino a Galati, la località dove si attraversa il grande fiume, è piuttosto noiosa e priva di spunti di interesse. La sorpresa arriva quando, anziché un ponte, per attraversare il Danubio, troviamo un malconcio traghetto. Compriamo i biglietti e ci prepariamo ad attraversare il fiume, che qui è largo alcune centinaia di metri. Destando una evidente ammirazione nei nostri compagni di viaggio, carichiamo la moto e in breve, arriviamo sull’altra sponda.
Proseguiamo costeggiando il Danubio. Il fiume qui comincia a formare il suo grande delta che occupa 5.600 chilometri quadrati. Percorriamo questo tratto di strada, fiancheggiato da fiabeschi acquitrini, con enormi salici che sorgono dall’acqua bassa e stagnante.
Nel pomeriggio arriviamo a Tulcea, la porta del delta, affacciata sull’omonimo braccio del Danubio, che qui si è già diviso in due ; a nord il braccio di Chilia che fa da confine con l’Ucraina, a sud, il braccio di Tulcea.
Il tardo pomeriggio, è l’ora più favorevole per godere delle attività che si svolgono sul fiume. Passeggiando, stiamo ad osservare i bambini che si tuffano nelle acque limacciose, i barcaioli che a forza di remi trasportano persone da una riva all’altra, i battelli, che percorrendo la via d’acqua più lunga d’Europa, scaricano merci provenienti da tutto il Paese.
Ci diamo da fare per organizzare la visita.
Dopo aver escluso le escursioni per le comitive, prendiamo accordi con il capitano di un battello che per 100 dollari ci metterà a disposizione la sua barca per tutta la giornata.
Tornati in albergo, scopriamo che l’Africa Twin è diventata una attrazione turistica, con gruppi di ragazzi che si fanno fotografare in “sua compagnia”.
Il Delta
Alle otto del mattino ci presentiamo all’appuntamento. Il battello, tutto per noi, si inoltra in uno dei canali del braccio di Tulcea. L’immensa distesa di acqua, popolata da una enorme quantità di uccelli è il paradiso del bird-watching.
Non siamo degli esperti, ma riconosciamo l’elegante volo dell’airone e della garzetta mentre gruppi di folaghe e di germani reali nuotano presso le rive. Ci fanno notare il piccolo martin-pescatore e ci dice il capitano, che è presente anche una colonia di pellicani.
Poco prima di mezzogiorno, una delle barche di pescatori, che caratterizzano la presenza umana all’interno del delta, si accosta al battello e scostando le canne palustri che li ricoprivano, mostra una grande quantità di pesci. Carpe, lucci, siluri, di enormi dimensioni colmano la barca.
Pochi “Lei” sono sufficienti per assicurarci la necessaria quantità di pesce per il pranzo.
Questi pescatori, prevalentemente Ucraini, vivono per tutta l’estate una vita di pura sussistenza in capanne di canne palustri, prive di illuminazione e di acqua corrente.
Dopo pranzo trasbordiamo su una barca a remi a fondo piatto che ci permette di inoltrarci nell’acquitrino. Il paesaggio, nella sua crudezza, è straordinario. Il cielo si specchia nell’acqua immobile, profonda non più di un metro. Qua e là canne palustri, salici e ninfee dai colori bianchi e gialli punteggiano il paesaggio, creando delle incantate radure.
Ci avviciniamo ai nidi. Gli uccelli ruotano minacciosi per proteggere i piccoli, arrivando, come aerei in picchiata, a sfiorarci più volte. Ce ne andiamo, quasi scusandoci per l’intrusione, facendo così ritornare tranquillità e silenzio.
Tornati sul battello, risaliamo la pigra corrente del Danubio. Ci lasciamo alle spalle con una punta di rimpianto questi luoghi, nei quali i limiti tra terra e acqua sono confusi, indefiniti, con la segreta speranza di potere, un giorno, tornare.
Da Tulcea a Burgas (Bulgaria) km 370
Ci dirigiamo a sud, verso il confine con la Bulgaria, sotto un cielo che promette pioggia e che più tardi mantiene la promessa, costringendoci ad infilare le tute impermeabili.
Per la prima volta da quando avevamo lasciato Budapest, incrociamo dei motociclisti che purtroppo vanno nella direzione opposta.
L’ingresso in Bulgaria è estremamente semplificato rispetto ad alcuni anni fa.
Dopo il confine notiamo immediatamente i segni di un significativo cambiamento. Una decina di anni fa avevamo faticato non poco per trovare da mangiare, oggi lungo la strada ci accoglie un piacevole ristorante che cucina, tra l’altro enormi spiedini.
Poco prima di Burgas, troviamo un comprensorio turistico sul Mar Nero. Dopo tanta solitudine, ci sembra un buon posto per una tappa. Il modello è la costa romagnola : Un grande luna park nel quale si muovono torme di turisti nordici alla ricerca di sesso facile.
Da Burgas a Edirne (Turchia) km. 200
Ci muoviamo all’alba del giorno successivo, il confine Turco ci accoglie con le sue infinite lungaggini burocratiche, e colmo della sfortuna, i computers guasti allungano l’attesa. Dopo un paio d’ore siamo finalmente in Turchia e ci dirigiamo verso Edirne, l’antica Adrianopoli, caratterizzata una magnifica moschea, capolavoro di Mimar Sinan, il Michelangelo turco.
La sera, ad una cena in ristorante, preferiamo un doner-kabab, e la calda ospitalità della Turchia, si conferma nella gentilezza e nei modi con cui veniamo serviti.
Scegliamo di attraversare il vicino confine con la Grecia, siamo in anticipo sull’orario di apertura ed in compagnia di alcuni emigranti Turchi e di due strani americani di colore, assistiamo divertiti ai giochi di guerra delle truppe turche che pattugliano il confine.
Da Edirne a Ouranopolis-Monte Athos (Grecia) km. 450
Superato il valico che separa la Turchia dalla Grecia respiriamo finalmente il caldo sapore del Mediterraneo che ci accoglie con il suo inconfondibile, straordinario profumo. Siamo in Tracia. Questa regione dell’estremo nord est della Grecia, sta subendo in questi ultimi anni una incredibile trasformazione. Le risorse dell’Unione Europea vengono investite per costruire autostrade e grandi infrastrutture che stanno cambiando un paesaggio fino a pochi anni fa, incontaminato.
Fatichiamo a riconoscere in questi luoghi la Grecia che avevamo amato, ma dobbiamo ammettere che la qualità della vita è indubbiamente cresciuta.
La prossima meta è Ouranopoli, nella penisola Calcidica, la porta del monte Athos, che raggiungiamo in tre comode tappe, facendo sosta prima ad Alessandropoli, poi a Kavala, di fronte all’isola di Thassos.
Arrivati a Ouranopoli, (in alta stagione qui conviene decisamente prenotare) ci concediamo alcuni giorni di riposo dedicandoci al mare, che qui è davvero bello.
L’Egeo
Approfittiamo di un affollato battello che porta i turisti a vedere i monasteri del Monte Athos, tenendosi però sempre troppo al largo della costa per non disturbare i monaci.
Il Monte Athos, che funziona come una sorta di città del Vaticano all’interno dello stato Greco, ospita numerose comunità di monaci, più o meno isolate. L’ingresso, in ogni caso, sembra essere severamente vietato ad ogni essere femminile e anche i maschi, devono avere seri motivi per poter entrare.
Ripartiamo, riposati dalla sosta, verso Salonicco, dove approfittiamo della presenza di un concessionario Honda per un po’ di manutenzione. Pastiglie freni, regolazione della catena rabbocco dei liquidi, e ripartiamo per Kalambaka e le meteore : Gli spettacolari “monasteri nell’aria”, abbarbicati su spuntoni di roccia granitica alti diverse centinaia di metri, che spuntano improvvisamente dalla piatta pianura della Tessaglia. Avevamo accuratamente visitato diversi anni fa i monasteri per cui, considerato il tempo limitato a disposizione, ci concediamo solo una rapida visita dall’esterno “rinunciando” a diverse centinaia di gradini ed al brivido di sentieri affacciati su impressionanti strapiombi.
Di tutto riposo il ritorno verso Igoumenitsa, attraverso il passo del Pindo, dove ci aspetta il traghetto che ci porterà in Italia.
Sul traghetto, è un piacere raccontare agli altri motociclisti, ora numerosi, la nostra avventura in questo pezzo di Europa, rimasta per molto tempo ai margini dello sviluppo che ha coinvolto il nostro occidente ma che ha conservato, nei suoi angoli più nascosti, dei tesori ancora in attesa di essere scoperti.
Sergio + Eugenia